Con una secca nota di stampa ITALMOPA ci viene a dire che a causa dell’andamento climatico la produzione nazionale di frumento quest’anno presenta delle criticità.
Con tale premessa inizia la nota che Coldiretti Molise ha predisposto in risposta alla recente nota pubblicata da ITALPOMA, l’associazione Industriali Mugnai che rappresenta l’Industria molitoria nazionale.
Secondo la Coldiretti la stessa associazione non dice, però, che delle criticità e negatività dovranno farsene carico principalmente le imprese cerealicole oltre, dopo il “miracolo” della molitura, i cittadini-consumatori.
E’ vero che l’intero settore agricolo, nel corso del 2023, ha subito, su gran parte dei comparti produttivi gravi danni causati dall’anomalo andamento climatico; in modo esponenziale le regioni Emilia Romagna, Toscana e Marche, ne sono una tragica testimonianza.
E’ pur vero che i raccolti registreranno esiti quantitativi e qualitativi non soddisfacenti, ma a carico di chi, dei soliti agricoltori, non di altri.
Il voler mettere le mani avanti affermando che, ahimè …, si dovrà far ricorso ad importazioni di grano estero non ci pare una uscita elegante. Lo sappiamo bene che la produzione nazionale non potrebbe mai garantire l’approvvigionamento di quantitativi di cereali necessari all’industria; è più che legittimo!
Il problema è un altro: “Siamo sicuri – si chiede Coldiretti – che così come noi riconosciamo le esigenze dei molini e quelle degli impianti industriali di produzione della pasta, ad essi collegati, gli stessi saranno altrettanto trasparenti nei confronti dei produttori agricoli e dei consumatori a garantire l’indicazione dell’origine del paese di produzione del grano e quello di molitura?”
Dando per scontato che i “miracoli” li fanno in pochi, e non di certo i mugnai, ci chiediamo come potrà garantirsi la produzione di pasta made in Italy, quest’anno in una “… situazione che non potrà non influire sulle strategie di approvvigionamento dell’industria molitoria italiana, con necessità di un maggior ricorso ad onerose importazioni…”, come testualmente riportato nel comunicato ITALMOPA.
Già nel mese di giugno decine di navi provenienti da vari Paesi hanno iniziato a scaricare grano nei porti pugliesi, in perfetta sincronia con l’avvio delle operazioni di mietitura nei nostri campi. Ciò ha comportato nell’immediato il crollo del prezzo del 40% rispetto allo scorso anno. La pasta al consumo, è sotto gli occhi di tutti, come certificato dall’ISTAT, ha avuto un aumento del 12%; agli agricoltori appena 33 centesimi al chilogrammo… tradotto in soldoni ce ne vogliono ben 4 chili per un caffè!
Ma Coldiretti non vuole mettere in luce solo la parte “venale” che si accompagna al problema, bensì un aspetto molto più rilevante: le manovre speculative che hanno fatto riscontrare un deciso aumento delle importazioni di grano duro dal Canada, balzate del + 1018%, passando da 38,3 milioni di chili nei primi tre mesi dello scorso anno ai 428,1 milioni di chili dello stesso periodo del 2023 (dati ISTAT).
Grano duro dal Canada, dicevamo, un paese dove viene fatto un uso intensivo del glifosato nella fase di preraccolta al fine di “essiccare” artificialmente il cereale; trattasi di un “diserbante” accusato di essere cancerogeno.
Ci fa, inoltre, “amaramente” sorridere la chiosa finale del comunicato ITALPOMA, laddove afferma che “… la qualità della materia prima non può essere semplicemente ricondotta soltanto alla sua origine ma piuttosto alle condizioni agronomiche e climatiche, oltre che alla necessaria professionalità dell’imprenditore agricolo…”.
I proposito desideriamo puntualizzare che con i prezzi attualmente riconosciuti agli agricoltori, ampiamente al di sotto dei costi di produzione, si rischia di alimentare un circolo vizioso che partendo, oggi, dalla delocalizzazione degli acquisti, domani colpirà i molini e poi gli impianti industriali di produzione della pasta con la perdita di un sistema produttivo che ha generato ricchezza, occupazione e salvaguardia ambientale.
Coldiretti, peraltro, non si ferma alla sola denuncia di tali fatti, bensì propone di lavorare da subito per definire “accordi di filiera”, con precisi obiettivi qualitativi e quantitativi e, naturalmente, prezzi equi mai al di sotto dei costi di produzione, come peraltro, prevede la vigente legge di contrasto alle pratiche sleali.