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La storia in uno scatto: ospite di Molise Foto, Tony Gentile racconta Falcone e Borsellino.



Ci sono fotografie che hanno fatto la storia. Il bacio a Times Square. I Beatles sulle strisce di Abbey Road. Il monaco che brucia a Saigon.

Spesso accade però che la riconoscibilità di uno scatto sia inversamente proporzionale a quella del fotografo. Una cosa che sembra non dispiacere a Tony Gentile, autore della celebre fotografia che ritrae Falcone e Borsellino, convinto che la riconoscibilità di un artista sia finalizzata al mondo professionale di cui fa parte, l’importante è l’emozione che l’immagine restituisce a chi la guarda.

Tony Gentile è stato protagonista di un incontro organizzato da Molise Foto nell’ambito del Festival dei Misteri e che si è tenuto ieri sera al Circolo Sannitico di Campobasso in cui il fotografo ha raccontato al pubblico presente in sala la genesi dello scatto che ha segnato un’epoca.

Quando e dove è stato realizzato lo scatto?

La fotografia è stata scattata il 27 marzo del ’92, esattamente 57 giorni prima della strage di Capaci. Il caso ha poi voluto che esattamente 57 giorni dopo ci fosse l’attentato di Via d’Amelio. Comunque, per quel giorno il giudice Ayala, in quel periodo in campagna elettorale, aveva organizzato una tavola rotonda in cui si sarebbe discusso delle relazioni tra mafia e politica e tra i relatori c’erano anche Falcone e Borsellino. Di solito questo tipo di eventi sono noiosi per i fotografi, difficili da fotografare: ero in attesa di un’azione spontanea, che fosse naturale, non strutturata, quando ho visto che Borsellino si era avvicinato a Falcone per sentire cosa avesse da dirgli: era una battuta ironica, ne sono sicuro, perché Borsellino ha sorriso e da quel gesto si evince il rapporto che avevano: di amicizia, di complicità e di rispetto.

Si sarebbe mai aspettato che quell’immagine avrebbe avuto una tale risonanza?

Dopo aver catturato Falcone e Borsellino nel loro momento più intimo ho smesso di fotografare: avevo la consapevolezza di avere uno scatto sincero, vero, semplice, spontaneo. Non potevo certo immaginare che in così poco tempo sarebbero stati entrambi trucidati e che quella foto sarebbe diventata un ritratto unico. Ha assunto un significato persino maggiore: due personaggi molto importanti che in quel periodo erano su tutti i giornali, cresciuti nello stesso quartiere, coinvolti dalla stessa passione per la giustizia e infine accumunati dallo stesso destino: uccisi perché li hanno lasciati soli. Come Moro e Dalla Chiesa, mi verrebbe da aggiungere.

Oltre ad essere entrata a far parte dell’immaginario collettivo, quella foto è entrata anche nelle aule dei tribunali.

Sì, ho intrapreso una “causa temeraria” per i diritti d’autore perché la legge prevede che le fotografie siano protette dal copyright per 20 anni. Scaduto il termine, ho fatto richiesta di rinnovo che però mi è stata negata perché la foto fatti e persone della vita quotidiana, che chiunque avrebbe potuto fare. 

L’incontro è stato anche l’occasione per presentare l’ultimo libro di Tony Gentile ‘Sicilia 1992. Luce e Memoria.”, una raccolta fotografica divisa per sezioni tematiche.

Nelle sue foto e nelle sue pubblicazioni racconta la Sicilia degli anni 90. Come e se è cambiata la percezione della lotta alla mafia da parte della Regione, dei cittadini e dello Stato?

Sicuramente ci sono più persone che denunciano e il fenomeno dell’associazionismo è in crescita ma c’è ancora tanto da fare. Al tempo stesso, però, l’indignazione che ha seguito le stragi del ’92 col tempo si è affievolita. Qualcosa è cambiato, così come d’altronde è cambiato anche il modo di agire della criminalità organizzata. 

Come mai ha scelto di dedicarsi al fotogiornalismo?

Quando ero piccolo amavo il giornalismo poi mi sono appassionato alla fotografia assistendo un amico di famiglia. Al liceo ho iniziato a scoprire la fotografia impegnata – quella di Letizia Battaglia per intenderci – e ho capito da che parte volevo stare. Ho ricevuto un’ulteriore conferma quando mi è stato detto che alcuni miei lavori avevano aiutato alcune persone a trovare la strada giusta.

Quanto è importante continuare a raccontare storie che rispecchino la realtà e che abbiano un certo spessore?

Queste storie, per certi versi per fortuna, e per altri purtroppo, non esistono più. Nel modo di raccontarle è semplicemente cambiato il target: 
si è persa la volontà di scattare foto semplici, che raccontino persone semplici e che arrivino a tutti.

 

Tamara Santoro

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