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Campobasso, Ti racconto un libro: Matteo B. Bianchi presenta “La vita di chi resta”.



Nell’ambito di Ti racconto un libro 2023, Matteo B. Bianchi ha presentato ieri al Circolo Sannitico di Campobasso, in un incontro partecipato e coinvolgente che ha visto l’autore dialogare con Sabrina Lembo, il suo ultimo romanzo: La vita di chi resta.

Matteo B. Bianchi dona ai suoi lettori un’opera difficile, particolare, che s’inserisce nel panorama editoriale come esemplare unico, in cui racconta a cuore aperto il delicato tema del suicidio da un punto di vista scomodo, insolito: quello di chi resta, di chi quella scelta non l’ha cercata ma l’ha subita.

Si chiamano sopravvissuti i parenti o i compagni di suicidi ed è così che Matteo si sente quando, in una giornata autunnale del 1998, rientrando nella casa che ha condiviso con S. per sette anni, scopre che il suo compagno si è tolto la vita.

La sensazione che lo pervade è quella raffigurata in copertina: una conversazione interrotta che non si può più riprendere. Per di più Matteo viene travolto da un turbinio di emozioni – domande, odio, amore disperato, nostalgia, sensi di colpa, solitudine, abbandono – difficile da spiegare a parole.

Tutti abbiamo sofferto la scomparsa di una persona cara ma quando la perdita è legata alla volontà, chi resta vive un dolore comprensibile a pochi. – spiega l’autore – Il titolo all’inizio doveva essere “Il dolore di chi resta” ed è vero che il dolore per un po’ ti sovrasta e ti impedisce di pensare ad altro ma con il tempo inizia a non avere più lo stesso peso e devi trovare una ragione di vivere.

La vita di chi resta è il frutto di una gestazione durata ben 22 anni in cui si riconosce una tecnica narrativa eccellente che nonostante procede per frammenti – perché dispone solo di quelli – riesce a fare in modo che una vicenda personale avesse senso per i lettori.

Ho avuto bisogno di tempo per avere la lucidità e la distanza emotiva necessaria per descrivere le cose esattamente come sono avvenute ma ho sempre pensato che la mia fosse sì un’esperienza privata, intima, ma che meritasse di essere raccontata proprio perché di suicidio se ne parla troppo poco e quando se ne parla lo si fa sempre dal punto di vista della vittima e mai da quello dei familiari.

Ma perché ancora oggi il suicidio è considerato un argomento tabù?

Soltanto in Italia si registrano quattro mila suicidi ogni anno e nei giovani di età compresa tra i 15 e i 29 anni il suicidio è addirittura la terza causa di morte. I dati che abbiamo a disposizione sono sicuramente in difetto: il suicidio è un’eventualità così diffusa eppure così ignorata.

Ogni giorno mi tornano indietro una marea di email, di lettere di persone che si sono immedesimate: questo da una parte mi riempie di orgoglio perché significa che sono riuscito nel mio intento di arrivare alle persone – il libro è andato in ristampa soltanto due giorni dopo l’uscita – dall’altro mi stupisce il fatto che non esistesse un libro del genere prima di questo. 

Di chi è la colpa?

Della religione, che per decenni ha definito il suicidio come un peccato?

Della società in cui viviamo, che ci costringe a nasconderci, a non parlare apertamente delle cose dolorose che rappresentano una condizione umana che riguarda tutti?

Della possibilità di giudizio, che ci spinge a voler evitare gli sguardi pieni di commiserazione della gente?

Quando si tace un argomento significa volerlo rimuovere. È assurdo che al mondo non ci sia un protocollo di sostegno dei familiari di suicidi – così come esiste per le malattie rare, i disturbi alimentari e le disabilità – Tutto quello che ho trovato sono opere di ordine volontario (associazioni, testimonianze), eppure un dolore così forte inevitabilmente ti cambia. È tremendo che uno Stato demanda alle vittime di occuparsene mentre Lui lo ignora.

In La vita di chi resta Matteo Bianchi descrive la sua esperienza senza pudore, con estrema onestà e rispetto verso coloro che hanno vissuto sulla propria pelle un dolore indicibile.

Il dolore è un corso di recitazione, impari a fingere con tutti. Ma la verità è che andrebbe normalizzato. A volte succede anche l’opposto: in molti non vogliono smettere di soffrire pensando perché la reputano come una mancanza di rispetto ma andare avanti con serenità non significa dimenticare. Io ero in un tunnel, non riuscivo a vedere la luce ma ho immaginato che, ad un certo punto, ci dovesse essere per forza e così sono andato avanti, ha concluso lo scrittore. 

Il prossimo appuntamento con Ti racconto un libro è con Marco Drago che venerdì 12 maggio, alle ore 18.30 nella Sala Alphaville di via Muricchio a Campobasso, presenterà al pubblico molisano il suo ultimo libro, Innamorato.

 

Tamara Santoro

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