“Il mio corpo è un campo minato” è un progetto collettivo che racconta, attraverso le immagini, il percorso fisico ed emotivo di una persona affetta da endometriosi, una malattia cronica ed invalidante che, soltanto in Italia, colpisce circa tre milioni di donne. Eppure se ne parla ancora troppo poco.
Nata da un’idea di Isabella Benigno, patrocinata dal Comune di Campobasso e curata da Silvia Valente, la mostra ripercorre le tappe di una patologia caratterizzata da forti dolori e da diagnosi tardive. Spesso infatti i suoi sintomi vengono associati al ciclo mestruale, periodo in cui iniziano a manifestarsi, per trasformarsi poi in una fastidiosa e costante presenza nella vita di tutti i giorni.
L’endometriosi è infatti responsabile di problemi di fertilità, di difficoltà nei rapporti sessuali e di pesanti ripercussioni a livello personale, sociale e lavorativo. Chi ne soffre non riesce neanche ad alzarsi dal letto. Inoltre è difficile spiegare cosa si prova: in questi casi il dolore c’è ma non si vede.
A rendere le donne forti però è l’avere il coraggio di essere vulnerabili. Ed è proprio questo che la mostra intende dimostrare attraverso cinque opere di altrettanti giovani artisti. Le cianotipie di Anna di Paola mettono in evidenza un corpo indifeso e un dolore sminuito. A seguire l’installazione di Marta Cavicchioni in cui si fa strada la nuova consapevolezza di una malattia che ha finalmente un nome.
Il dipinto di Niccolò Santalucia offre invece un punto di vista diverso, quello di un partner, che non ignora la sofferenza della sua compagna ma che sceglie piuttosto di rimanere al suo fianco.
Chiudono il percorso le opere in tecnica mista di Margherita Marzari che esprimono il bisogno di rinascere attraverso il contatto con la natura.
Il mio corpo ha la postura di un burattino abbandonato, con i fili tagliati, che non ha la forza di andare avanti, i miei piedi si calpestano a vicenda, indecisi su quale emozione o strada percorrere. – scrive Isabella Benigno nel suo manifesto impresso sullo specchio – I miei polmoni a volte ardono e sono pesanti come sacchi di sabbia. Il mio cuore posso giurare di averlo sentito sanguinare e quel sangue allargarsi come una rosa che perde petali, posso giurare di averlo sentito esplodere di collera, frantumarsi come un vaso di creta ai tradimenti o sgonfiarsi come un palloncino, alle delusioni.
Il dolore è donna. Il coraggio è donna. La libertà è donna.
La mostra resterà aperta al pubblico fino al 28 marzo, dal lunedì al sabato dalle 18 alle 20 e la domenica dalle 10.30 alle 13.
Tamara Santoro