In Molise sono segnalati quattro casi di legionella riscontrati nelle ultime settimane. Il primo caso accertato risale al 9 Ottobre scorso, quando un 60enne fu ricoverato in terapia Intensiva al Cardarelli di Campobasso. Al momento le sue condizioni sono migliorate ed è stato trasferito in altro reparto. Nella giornata del 26 ottobre si segnala un ulteriore ricovero presso il reparto di Malattie infettive del Cardarelli di un uomo di 75 anni. Altri due ricoveri invece riguardano la zona di Termoli.
Intanto il Dipartimento di Prevenzione dell’Asrem ha avviato già dalla segnalazione del primo caso una indagine epidemiologica che sta proseguendo in questi giorni.
Riportiamo di seguito le informazioni sulla malattia trascritte da sito dell’ Istituto superiore di Sanità.
Che cos’è la Legionella?
La Malattia del Legionario, più comunemente definita legionellosi, è un’infezione polmonare causata dal batterio Legionella pneumophila. Il genere Legionella è stato così denominato nel 1976, dopo che un’epidemia si era diffusa tra i partecipanti al raduno della Legione Americana al Bellevue Stratford Hotel di Philadelphia. In quell’occasione, 221 persone contrassero questa forma di polmonite precedentemente non conosciuta, e 34 morirono. La fonte di contaminazione batterica fu identificata nel sistema di aria condizionata dell’albergo.
Come si contrae e come si trasmette l’infezione?
La legionellosi è causata nel 90% dei casi dal batterio Legionella, del quale sono state identificate più di 60 specie diverse suddivise in 71 sierotipi. Le legionelle sono presenti negli ambienti acquatici naturali e artificiali: acque sorgive, comprese quelle termali, fiumi, laghi, fanghi, ecc. Da questi ambienti raggiungono quelli artificiali, come condotte cittadine e impianti idrici degli edifici, quali serbatoi, tubature, fontane e piscine, che possono agire come amplificatori e disseminatori del microrganismo, creando una potenziale situazione di rischio per la salute umana.
La legionellosi viene normalmente acquisita per via respiratoria mediante inalazione, aspirazione o microaspirazione di aerosol contenente Legionella, oppure di particelle derivate per essiccamento. Le goccioline si possono formare sia spruzzando l’acqua che facendo gorgogliare aria in essa, o per impatto su superfici solide. La pericolosità di queste particelle di acqua è inversamente proporzionale alla loro dimensione. Gocce di diametro inferiore a 5µ arrivano più facilmente alle basse vie respiratorie. Sono stati inoltre segnalati in letteratura casi di legionellosi acquisita attraverso ferita.
Fattori predisponenti la malattia sono l’età avanzata, il fumo di sigaretta, la presenza di malattie croniche, l’immunodeficienza. Il rischio di acquisizione della malattia è principalmente correlato alla suscettibilità individuale del soggetto esposto e al grado d’intensità dell’esposizione, rappresentato dalla quantità di Legionella presente e dal tempo di esposizione. È inoltre importante la virulenza e la carica infettante dei singoli ceppi di Legionella, che, interagendo con la suscettibilità dell’ospite, determinano l’espressione clinica dell’infezione. Malgrado il carattere ubiquitario di Legionella, la malattia umana rimane rara; i tassi d’attacco nel corso di focolai epidemici sono bassi, inferiori al 5%.
Il tasso di mortalità correlata all’infezione da Legionella dipende da alcuni fattori specifici (come la gravità della malattia, l’appropriatezza del trattamento antibiotico iniziale, il luogo in cui è stata contratta l’infezione, le condizioni pregresse del paziente) e può variare dal 40-80% nei pazienti immunodepressi non trattati, al 5-30% in caso di un appropriato trattamento della patologia. Complessivamente la letalità della legionellosi si aggira tra il 5% e il 10%.
Quali sono i sintomi?
La legionellosi può manifestarsi in due forme distinte:
La Malattia del Legionario, dopo un periodo di incubazione variabile da 2 a 10 giorni (in media 5-6 giorni), si manifesta come una polmonite infettiva, con o senza manifestazioni extrapolmonari. La sindrome pneumonitica non ha caratteri di specificità né clinici né radiologici. Nei casi gravi può insorgere bruscamente con febbre, dolore toracico, dispnea, cianosi, tosse produttiva associati all’obiettività fisica semeiologica del consolidamento polmonare. Nei casi meno gravi l’esordio può essere insidioso con febbre, malessere, osteoartralgie, tosse lieve, non produttiva. A volte possono essere presenti sintomi gastrointestinali, neurologici e cardiaci; alterazioni dello stato mentale sono comuni. Tra le complicanze della legionellosi vi possono essere: ascesso polmonare, empiema, insufficienza respiratoria, shock, coagulazione intravasale disseminata, porpora trombocitopenica e insufficienza renale. La polmonite da Legionella non ha quindi caratteristiche cliniche che permettano di distinguerla da altre forme atipiche o batteriche di polmonite comunitaria. Come tale va sempre sospettata sul piano clinico tra le infezioni polmonari comunitarie e nosocomiali e, per questo motivo, la diagnosi di laboratorio deve essere considerata complemento indispensabile alle procedure diagnostiche cliniche.
La febbre di Pontiac, dopo un periodo di incubazione di 24-48 ore, si manifesta in forma acuta simil-influenzale senza interessamento polmonare, e si risolve in 2-5 giorni. I prodromi sono: malessere generale, mialgie e cefalea, seguiti rapidamente da febbre, a volte con tosse e gola arrossata. Possono essere presenti diarrea, nausea e lievi sintomi neurologici quali vertigini o fotofobia.
Il trattamento della legionellosi, essendo una malattia di origine batterica, passa soprattutto attraverso terapie antibiotiche. La febbre di Pontiac ha un’evoluzione benigna anche in assenza di uno specifico trattamento chemioterapico. Tutte le altre malattie sostenute da Legionella species, dalle più comuni polmoniti, alle meno frequenti infezioni extrapolmonari, viceversa, richiedono un trattamento specifico per ridurre la probabilità di un esito infausto.
Gli antibiotici da utilizzare sono i chinoloni, i macrolidi e, con minor efficienza, le tetracicline. Al contrario, tutte le betalattamine, i carbapenemi, gli aminoglicosidi ed il cloramfenicolo sono inutili per il trattamento delle legionellosi in quanto non raggiungono concentrazioni intracellulari in grado di esplicare un effetto antibatterico