Una molecola estratta dal carciofo può interferire con i meccanismi di autoprotezione delle cellule del glioblastoma, rendendole un bersaglio più facile per la terapia convenzionale.
Le cellule di glioblastoma, uno tra i più aggressivi tumori del Sistema nervoso centrale, sviluppano sistemi per difendersi sia dalla chemioterapia che dalla radioterapia. Uno di questi consiste nell’aumentare la propria capacità di sopportare lo stress ossidativo, che normalmente indurrebbe la morte cellulare. Un potenziale sistema per aumentare l’efficienza delle terapie potrebbe quindi essere di aumentare proprio l’azione dei radicali liberi all’interno delle cellule cancerose. È la prospettiva aperta da una ricerca condotta dal Laboratorio di Neuropatologia Molecolare dell’Unità di Neuropatologia dell’I.R.C.C.S. Neuromed di Pozzilli.
Pubblicato sulla rivista Biomedicines, il lavoro scientifico si è concentrato su una molecola estratta dalla pianta di carciofo, la cinaropicrina. Attraverso esperimenti su cellule tumorali di glioblastoma in vitro, i ricercatori hanno infatti dimostrato come questa sostanza, aumentando l’accumulo di radicali liberi, sia capace di incrementare lo stress ossidativo, rendendo le cellule di glioblastoma maggiormente sensibili all’azione tossica del chemioterapico standard per questo tumore: la temozolomide.
“La cinaropicrina – dice la dottoressa Antonella Arcella, responsabile dello studio – è una sostanza che sta interessando diversi settori dell’oncologia. La sua capacità di aumentare il livello dei radicali liberi nelle cellule tumorali, infatti, apre la possibilità di rendere le cellule tumorali,anche quelle piu’ resistenti, vulnerabili all’azione del chemioterapico. Si tratta in altri termini di un’azione sinergica tra la sostanza naturale e la temozolomide”.
Ma non c’è solo lo stress ossidativo come potenziale arma per contrastare le cellule di glioblastoma. Un altro lavoro scientifico, pubblicato dallo stesso laboratorio sulla rivista Molecules, ha infatti messo sotto esame l’azione di una sostanza diversa: l’ageritina, estratta da un fungo commestibile conosciuto come piopparello. In questo caso la molecola si è rivelata capace di interferire con la sintesi proteica delle cellule tumorali. Il risultato è stato che le cellule cancerose sono tornate ad essere vulnerabili alla temozolomide.
“Il problema della resistenza che il glioblastoma sviluppa contro la chemioterapia – commentano i ricercatori dello studio – è uno dei più importanti nel determinare il fallimento delle terapie. Per questo siamo impegnati su un fronte di ricerca che vede alcune sostanze naturali come possibili ‘adiuvanti’, capaci di rendere più efficace la terapia standard. Naturalmente saranno necessari ulteriori studi prima di estendere questi risultati ad una concreta applicazione clinica”.