Dicono che la Faisa avrebbe un atteggiamento colmo di pregiudizi nei confronti delle aziende del TPL (almeno alcune), purtroppo le aziende (almeno alcune) sono talmente abituate a spadroneggiare da non rendersi nemmeno conto che sono loro stesse ad offrire gli argomenti per le critiche.
Stavolta mettiamo in luce uno degli atteggiamenti più sgradevoli che possa manifestare un’azienda, quello di un esercizio del potere vuoto e fine a se stesso. Dopo il licenziamento della propria dipendente, che ha dovuto riassumere, un autista della SATI si è visto recapitare dall’azienda una lettera di contestazione di addebito disciplinare e successiva sanzione di tre giorni di sospensione, con privazione dello stipendio.
Secondo l’azienda, l’autista, non avendo emesso i biglietti, sarebbe venuto meno agli obblighi propri della sua mansione e del suo profilo professionale ed a nulla rileverebbe il fatto che l’autista non fosse nelle condizioni di fare la biglietteria per mancanza della liquidità necessaria per dare il resto agli acquirenti del biglietto, come riferito anche al controllore dell’azienda. Eppure la società sa benissimo che gli autisti, pur non avendone l’obbligo, sono costretti ad anticipare di tasca propria i soldi per dare il resto dopo la vendita dei biglietti, in quanto è inesistente un fondo cassa dell’azienda destinato proprio a tale scopo. Addirittura sulle linee di Pescara e Napoli un autista, che vuole fare la bigliettazione, può essere costretto ad anticipare anche fino a 200 euro di resto, con il rischio di perdere tutto in caso di furto. Possibile che un dipendente debba prestare i soldi alla propria azienda? Possibile che oltre al danno tocca essere anche beffati?
La contestazione dell’azienda rasenta il ridicolo, perché, ancora una volta, scarica sui lavoratori la propria inadeguatezza organizzativa, non si rende conto di quanto incida moralmente sugli operatori del settore tale comportamento punitivo, senza una reale colpa.
La questione, se fosse isolata, sarebbe una banale disquisizione fra azienda e lavoratore, purtroppo è l’ennesima prova dell’arretratezza del settore (non esiste l’acquisto contactless, on line, macchinette elettroniche, SMS, App e affidatari vari). Da parte aziendale non è nemmeno ipotizzato o percepito, in casi del genere, il forte disagio che coinvolge non solo i lavoratori ma anche l’utenza, gli anelli deboli della catena.
Purtroppo questo è l’effetto di una consapevolezza aziendale di essere immune da controlli e di non avere nessuna necessità di acquisire uno standing più elevato.
Poniamo l’esempio della mancata consegna dei turni aziendali da parte della SATI. Grazie ai legali Fasciano e Rubino, dello studio Iacovino, abbiamo ottenuto tre sentenze positive, però potrebbe esserci un ulteriore ricorso in Cassazione da parte SATI. Non entriamo nel merito della giustezza della causa, ma quello che ci preme evidenziare è che, comunque vada a finire, le spese legali sono sopportate sempre dal contribuente pubblico. In assenza di rischi per la società, questa non ha alcuna spinta a trovare un accordo, ma tende solo a proporre ricorso nelle aule dei tribunali, tanto il conto lo paga sempre il pubblico.
Eppure gli operatori molisani, i più produttivi d’Italia (fonte CNT), hanno dato ampia prova del loro attaccamento al lavoro, nonostante la scarsa retribuzione e la mole dei km percorsi. Una conferma viene anche dall’aver cominciato a guidare i nuovi autobus, tecnologicamente molto più avanzati di quelli esistenti, senza aver fatto un’ora di formazione. Fra l’altro non si capisce nemmeno perché, nel piazzale ATM, ci sono numerosi autobus nuovi fermi e girano vecchi autobus ai limiti della rottamazione. Come evidente, il settore soffre proprio a causa di aziende inadeguate, gli argomenti citati non sono l’eccezione, sono la norma di una gestione approssimativa, tesa solo a coltivare il proprio giardinetto, priva di quei requisiti fondamentali che fanno la differenza fra una buona azienda ed un’altra.
Nel frattempo, attendiamo la prima convocazione per discutere della lunga lista di problemi che riguardano il disastrato settore del trasporto pubblico molisano. Un settore allo sbando dove viene, letteralmente, gettata una marea di soldi pubblici senza alcun risultato, ma che rimane perennemente arretrato e inefficiente, tranne che per le tasche, sempre più fiorenti, delle aziende che lo gestiscono.
Che hanno fatto di male i molisani per vedersi offrire un servizio pubblico così inefficiente?