Ammonta a ben 15 miliardi di € il credito di imposta che le imprese edili contavano di scontare attraverso la cessione dei crediti dei lavori del superbonus 110%, prima che il Governo decidesse di porre un freno alla spesa e bloccare il mercato secondario dei crediti fiscali. Una decisione, quella del Consiglio dei Ministri che preoccupa i tanti lavoratori occupati grazie a questo dispositivo.
Purtroppo il modo in cui il superbonus è stato realizzato, ha comportato un utilizzo spropositato di risorse, ma non ha colto lo spirito e la mission per cui era stato concepito; in pratica non ha usufruito dello strumento Superbonus proprio chi ne aveva più bisogno in termini di sicurezza sismica e sostenibilità energetica e sociale, ossia i condomini periferici, le case popolari ad alta densità abitativa e le strutture abitative plurifamiliari più vetuste, considerando che il 65% degli immobili italiani risale a prima del 1974, anno dell’introduzione della norma di prevenzione antisismica, oltre all’efficienza energetica, età del cemento armato e rischio dissesto idrogeologico.
La logica positiva della cessione del credito d’imposta, che permetteva l’agevolazione anche agli incapienti e ai redditi più bassi con scarsa capienza fiscale, si è scontrata con una misura che non ha previsto tetti alla spesa pubblica e regolamentazioni sulle cessioni dei crediti, giunte all’imponente importo di 110 miliardi di €.
Inoltre le sue caratteristiche di convenienza hanno concentrato un’enorme mole di risorse in un tempo molto breve, facendo così lievitare i costi e ingolfando il mercato dei crediti d’imposta; il risultato è che le ditte hanno acquistato crediti superiori alla capienza dei loro cassetti fiscali contando di poterli cedere agli intermedari finanziari, finchè anche questi hanno raggiunto il loro livello di saturazione e smesso così di acquistare.
Il Superbonus 110 % in Abruzzo ha prodotto oltre 10.000 asseverazioni, per un investimento ammesso in detrazione al 31/12/2022 pari a 1.499 miliardi di €, con il 70,4% dei lavori realizzati.
Ma basta entrare nel merito delle 10.080 asseverazioni per acclararne le criticità: 1.893 si riferiscono a condomini (18,8%), 6.078 a edifici unifamiliari (60,3%), 2.109 a unità immobiliari “funzionalmente indipendenti” (20,9%).
In Molise invece sono quasi 2.300 i cantieri autorizzati per il Superbonus, per un importo di oltre 411 milioni di euro di lavori, il 69,4% dei quali per interventi già conclusi e ammessi a detrazione.
Delle 2.296 asseverazioni certificate, 347 si riferiscono a condomini (15,1%), 1.440 a edifici unifamiliari (62,7%), 509 a unità immobiliari ‘funzionalmente indipendenti’ (22,2%).
Quando gli incentivi edilizi superano determinate soglie percentuali, non possono essere gestiti dal privato. Si tratta di soldi pubblici che devono servire a riqualificare le costruzioni e tutta la filiera.
Il Superbonus ha previsto risorse pubbliche del 110% per interventi privati, senza prevedere alcuna regola; invece per gli appalti pubblici, che al netto dei ribassi hanno risorse pubbliche tra il 60-80%, la norma prevede un iter complesso e rigoroso, dalla progettazione ai bandi di gara, dalla catena di responsabilità alla direzione ed esecuzione dei lavori, passando per l’Anac e la Corte dei Conti.
I miliardi spesi per il Superbonus, se gestiti come investimenti pubblici, avrebbero prodotto molti più benefici, anche alla luce dell’esperienza di ricostruzione emergenziale sul sisma.
Attraverso il PNRR, i fondi FSE, FSC e altri fondi specifici, il nostro Paese ha importanti risorse da destinare alla rigenerazione, riqualificazione urbana e alla coesione sociale da utilizzare per queste casistiche pressoché emergenziali, dando ruolo progettuale e programmatico alle Autonomie Locali. Gli investimenti vanno direzionati tutti sull’edilizia popolare al fine di dare soluzioni per modernizzare le abitazioni delle famiglie meno abbienti, che vivono nelle case popolari, nelle periferie, ed in questo modo possono dare, contemporaneamente, risposte al mondo del lavoro e delle imprese.