La vicenda dell’ex hotel Roxy di Campobasso è uno dei tanti casi che dimostra quanto il centrodestra sia stato incapace di dare risposte alle richieste di cittadine e cittadini. Dopo anni di promesse mancate, progetti solo dichiarati, soldi pubblici annunciati e spostati altrove, incendi e urgenti messe in sicurezza, ancora oggi la Giunta regionale non è in grado di spiegare cosa intenda fare con la struttura abbandonata che pregiudica lo sviluppo di una zona nevralgica del centro di Campobasso. Anzi di più: giorni fa ha deciso di tagliare le risorse che servivano proprio ad abbattere finalmente l’immobile. Lo scopriamo leggendo la delibera numero 463 del 7 dicembre 2022. Con questo documento la Regione, ha deciso di definanziare una serie di opere, per scongiurare la perdita delle risorse europee assegnate e perché è stata incapace di conseguire entro fine anno le OGV, le obbligazioni giuridicamente vincolanti che dimostrano l’avvio dell’iter di spesa. La delibera toglie ad esempio 425 mila euro alla progettazione preliminare del secondo lotto della Metropolitana leggera; taglia oltre 4,7 milioni di euro al depuratore consortile di Campochiaro e San Polo; oltre 6 milioni per la circumlacuale di Guardialfiera e, appunto, definanzia 3.753.942 euro destinati alla “riqualificazione” dell’ex Roxy. La riprogrammazione di un anno prima aveva assegnato quelle essenziali risorse proprio allo stabile e curiosamente aveva individuato in Sviluppo Italia il soggetto attuatore dell’intervento: in sostanza, soldi per abbattere un edificio fatiscente ed emblema regionale dello sperpero di denaro pubblico. Eppure già dal 2019 il presidente Donato Toma annunciò l’esistenza di manifestazioni di interesse a riqualificare l’intera area di proprietà, comprensiva dell’edificio, di cui poi non si seppe nulla. Annunciò anche la dotazione in bilancio di 2,5 milioni di euro utili a demolire la struttura ma che vennero poi riconvertiti causa Covid. A gennaio 2022, grazie all’interpellanza che presentai sul tema, lo stesso Toma in aula dichiarò di aver ricevuto pochi giorni prima una nuova proposta, stavolta più concreta, attribuibile alla impresa campana Mati Group. Pochi giorni dopo sui media l’idea si scopre consistere in un canone annuale richiesto alla Regione di 1,9 milioni di euro a fronte della riqualificazione urbanistica dell’area ex Romagnoli ed ex Roxy dove realizzare le nuove sedi del Consiglio e della Regione. Altri dettagli non emersero ma indiscrezioni fecero subito intendere di una proposta poco conveniente per le casse pubbliche. Qual è però la motivazione data per giustificare il definanziamento della demolizione? Attenzione alle date. Come raccontano le note citate nella delibera regionale, il 10 gennaio 2022 Toma invia la proposta progettuale del gruppo campano al IV Dipartimento regionale, che fa capo a Manuel Brasiello, dove però il documento rimane fermo oltre due mesi prima di essere girato, il 31 marzo, al Servizio Logistica Patrimonio per le “attività valutative di competenza”. Dopo ben 7 mesi, il 16 novembre, risultando inspiegabilmente ancora in corso la fase valutativa e “resasi evidente l’incompatibilità dei due percorsi progettuali”, si è deciso di tagliare la praticabile demolizione e puntare invece su una discutibile idea progettuale poco attuabile e molto poco conveniente. Così, ancora oggi, l’ex Roxy resta abbandonato, si continua ad operare in sordina e con dubbia sostenibilità finanziaria, senza la necessaria trasparenza e inoltre senza l’indispensabile coinvolgimento del Comune. L’immobilismo del governo Toma è confermato dal fatto che l’unico atto approvato riguardante il sito è stato revocato dopo un anno e non è affatto chiaro se i 3,7 milioni di euro già a rischio revoca siano stati riprogrammati o utilizzati.
Su questi temi sono certo che il centrodestra al governo regionale, responsabile da oltre un decennio dell’incauto acquisto milionario e della lunga inerzia seguente, non darà chiare risposte alla cittadinanza nonostante, come ho sempre detto, l’area dell’ex Roxy sia di proprietà pubblica e la vicenda non sia una questione privata tra Toma e i suoi presunti contatti imprenditoriali.