La narrazione del centrodestra sul nuovo Piano operativo è strumentale e fuorviante. Dicono che “senza soldi in più e senza autonomia decisionale non possiamo migliorare la sanità regionale”, ma non è vero. Da anni, infatti, proprio per azzerare il disavanzo la Regione ha ricevuto sostanziosi contributi finanziari aggiuntivi al Fondo sanitario oltre che un costante supporto tecnico per sviluppare le reti ospedaliere. Tuttavia la Regione ha fallito gli obiettivi e i rappresentanti dei Ministeri lo evidenziano nei verbali dei tavoli tecnici. Nel verbale dell’aprile 2022 che ho chiesto e appena ottenuto si legge: “Nonostante le ingenti risorse incrementali messe a disposizione negli anni, il sistema sanitario molisano continua a registrare un risultato di gestione negativo che non dipende, come evidente, dalla gestione dell’emergenza, ma proviene soprattutto da una disavanzo pregresso e dal sistematico mancato controllo delle prestazioni erogate e dal mancato rispetto dei budget (in assenza di contratti sottoscritti) in particolare, dei privati accreditati a gestione diretta”. Le contestazioni dei Ministeri sono chiare e le “ingenti risorse” sono presto dette. Già lo stesso Piano di Rientro firmato nel 2007 aveva una precisa finalità: accedere ai 44 milioni di euro del Fondo transitorio istituito appositamente per le Regioni in disavanzo sanitario. Successivamente, nel 2016, la Regione ha incassato un contributo statale di 40 milioni di euro più un contributo di solidarietà interregionale di ben 73 milioni. Sempre per ripianare il disavanzo la Regione ha avuto accesso anche a 55 milioni di fondi Fas e circa 250 milioni di anticipazioni di liquidità. A queste risorse bisogna aggiungere gli importi provenienti dalle tasche dei molisani con l’incremento di Irap e Irpef per ogni anno d’imposta dal 2009: oltre 10 milioni di euro annui. Dunque, le risorse sono sempre arrivate. E anche la narrazione sulla ‘mannaia’ del decreto Balduzzi andrebbe ridimensionata. I tagli dei reparti derivano semmai dall’esigenza di garantire la qualità delle cure, impossibile se in reparto ci sono solo due-tre medici invece che otto. La vera causa del dissesto sanitario, insomma, è la mancata soluzione a problemi strutturali. E i tagli ai servizi non dipendono, come dice il centrodestra, dalla ‘mancanza di soldi’ e dal ‘Balduzzi’, né è possibile limitarsi a scaricare responsabilità sui Tavoli tecnici. La causa di una sanità carente è legata alla cattiva gestione interna e le responsabilità politiche vengono spesso mascherate. Un esempio viene dalla storica debolezza delle strutture commissariali nella governance degli erogatori privati accreditati a diretta gestione regionale. A questi privati, infatti, viene riconosciuto anche l’extra budget sulle prestazioni erogate ai pazienti di fuori regione, nonostante la legge e il mandato commissariale richiamano il rispetto dei budget assegnati e la coerenza tra budget, produzione e fatturazione. Il tutto, in assenza degli accordi di confine, senza i quali non sarebbe possibile accreditare posti letto dedicati solo a pazienti extramolisani. Infatti gli stessi Tavoli tecnici confermano che il disavanzo regionale è aggravato anche e soprattutto dal mancato controllo delle prestazioni rese dai privati accreditati a gestione diretta. In sostanza, il nuovo Piano operativo è un documento generico di intenzioni, molte scritte su sollecito dei Ministeri, che solo potenzialmente saranno concretizzate con l’approvazione di atti formali e puntuali. E un’eventuale e tanto agognata modifica normativa al ‘Balduzzi’ lo renderebbe solo ancor più difficilmente attuabile se non si risolvono i problemi strutturali evidenziati. Lo dimostra la trattazione troppo vaga su alcuni aspetti negativi del nostro sistema sanitario. Per gestire le patologie tempo-dipendenti e la rete di emergenza, ad esempio, mancano ancora accordi formali con le principali strutture private che forniscono prestazioni ‘salvavita’ in via esclusiva e mancano accordi interregionali con i relativi protocolli operativi.
Non si trova ancora una soluzione al cronico ritardo con cui vengono trasferiti i soldi delle fiscalità da destinare obbligatoriamente al sistema sanitario regionale e ciò allunga i tempi di pagamento ai fornitori: ad oggi ci sono da trasferire ancora 13 milioni di euro per gli anni d’imposta 2015-2018. Inoltre al Piano mancano riferimenti alle modalità di copertura degli oltre 100 milioni di euro di disavanzo pregresso, per il quale c’è chi spera che arrivi l’ennesimo contributo statale e interregionale ad azzerarlo. Non solo. Il Piano delle liste d’attesa approvato tre anni fa non è davvero operativo e non è stato ancora implementato anche per i gravi ritardi nella messa in esercizio del sistema Cup prenotazioni sulla intera rete territoriale: sistema rallentato dalle anomalie nelle gare d’appalto e negli affidamenti di cui ho parlato spesso. E ancora: la questione irrisolta del contenzioso Inps causato da una scellerata scelta del passato, la cui rettifica contabile non viene ancora compiuta, infine gli oltre 100 milioni di fondi statali bloccati e mai spesi da circa 20 anni per interventi sull’edilizia sanitaria e per l’acquisto di attrezzature elettromedicali. Questa è la realtà dei fatti, diversa da ciò che vuol far credere il centrodestra, in Regione e in Parlamento. Il Piano operativo va modificato e reso più attento alle necessità del Molise ma, dopo 15 anni di Piano di rientro e di massima imposizione fiscale, i molisani meritano estrema chiarezza e soprattutto la fine di ogni strumentalizzazione sul tema. Intanto abbiamo ottenuto un Consiglio monotematico che si terrà il 3 novembre prossimo. Quel giorno sarà discussa la mozione del MoVimento 5 Stelle con la quale chiediamo, tra l’altro, di avviare subito una appropriata fase di consultazione pubblica con parti sociali, amministratori locali e comitati per acquisire le osservazioni da trasmettere ai ministeri Finanze e Salute.