Sabato prossimo, 17 settembre, a Macchia d’Isernia, nel fiabesco scenario del castello Baronale De Iorio-Frisari, la storica etnoband «Il Tratturo» terrà un concerto inserito fra gli eventi di “Macchia DiVino”, ossia la 49ª Mostra Mercato del Vino e dei Sapori.
Sarà uno spettacolo dal fascino particolare, che intende trasportare il pubblico in epoche passate, quando i menestrelli giungevano nei castelli dei nobili feudatari per far ascoltare i propri canti e i propri strumenti antichi. Un concerto totalmente acustico, senza microfoni e senza amplificatori, una tipologia di esecuzione che esalta le doti vocali e strumentistiche dei componenti del quartetto, e cioè Mauro Gioielli (canto), Lino Miniscalco (zampogna, ciaramella e flauti pastorali), Ivana Rufo (canto e chitarre), Valerio Martino (organetto e tamburelli).
«Fino alla metà dello scorso secolo – ha dichiarato Mauro Gioielli, leader del Tratturo – per ascoltare musica non si poteva di certo accendere una radio oppure una tv, né si poteva usare lo stereo di casa o quello dell’auto. Né tanto meno gli spettacoli musicali venivano eseguiti con l’ausilio di piccoli e grandi impianti di amplificazione sonora, come avviene oggi nelle piazze e negli stadi. All’interno dei tanti castelli italiani, ad esempio, si offriva una musica dal volume ‘debole’ che, rispetto a quella che udiamo secondo le abitudini moderne, era caratterizzata da intensità modesta, da limitata velocità di propagazione e da marginale ampiezza d’onda. Nel medioevo e fino a tutto il XIX secolo – ha aggiunto –, ovunque la gente era abituata ad ascoltare solo musica acustica, suoni diretti, senza il filtro di potenziatori di volume e di effetti artificiali. Niente chitarre con violenti distorsori, niente mega batterie dal suono carico e ridondante, niente tastiere elettriche governate da un computer. Niente di tutto ciò, ma solo la purissima musica dei liuti barocchi e delle chitarre battenti, degli aerofoni pastorali come la ciaramella e la cornamusa, dei membranofoni e degli idiofoni etnici come i tamburi a cornice e le castagnette. Sabato, fra il colto e il popolare, cercheremo di ricreare le antiche sonorità delle musiche un tempo eseguite nei castelli e nei borghi dei nostri paesi. Suoneremo e canteremo brani tradizionali del Cinque-Sei-Settecento – ha concluso Gioielli –, e lo faremo ricercando la stessa ambientazione uditiva ed emozionale di quei tempi. E non si tratterà d’una riproposta basata su una anacronistica filologia musicale, ci affideremo invece alla nostra sensibilità di artisti contemporanei, di musicisti che trovano insegnamento nel passato ma sono consapevoli di agire nel presente».